Il mio vero primo libro

Il mio vero primo libro

Cari lettori da 3 a 99 anni, comincerò da un piccolo ricordo. Ero a scuola, avrò avuto nove o dieci anni, la maestra supplente ci mostrò la pagina di un libro, coloratissima. C’erano disegnati tanti omini, ognuno rappresentava un mestiere diverso. C’erano il fabbro, il falegname, c’erano il medico e la ballerina, c’erano l’avvocato e il postino.
C’erano anche lo scienziato, il pittore e il giornalista.
Non c’era lo scrittore.
Chiesi alla maestra il perché. Un po’ sorpresa dalla domanda, rispose che dovevo accontentarmi: c’era il giornalista. Va bene, dissi, ma non ero convinto. Il giornalista è uno che racconta storie vere, o dovrebbe. Lo scrittore è uno che racconta storie quasi vere, non tanto vere, per niente vere. Spesso inventate di sana pianta. Forse non è un mestiere molto serio, e per questo non era rappresentato in quella pagina.
Adesso che ho qualche libro alle spalle e in ogni caso non so bene quale sia il mio mestiere, posso confessare che disegnare, leggere e scrivere, da sempre, sono le cose che mi appassionano di più.
Quando ho rinunciato a diventare un grande disegnatore, come speravo di essere a dieci anni, mi sono accontentato di scrivere. Le mie prime opere di narrativa sono nelle agende di mio padre, che massacravo di scarabocchi, brandelli di frasi e possibili titoli. Uno me lo ricordo nettamente: Non esiste la Befana? Era l’indagine attraverso cui dimostravo al mondo che, se Babbo Natale poteva anche non essere vero, la vecchina del 6 gennaio era vera di sicuro. D’altra parte, ogni 6 gennaio mi svegliavo prestissimo, e sentivo strani rumori provenire dalla cucina. Ho lasciato comunque l’indagine a metà, per distrazione o per mancanza di prove.
La mucca volante, invece, sarebbe stato un vero, solidissimo romanzo. Credo di avere avuto in terza o quarta elementare la certezza che sarebbe stato il mio primo libro. Una mucca sulla copertina, e il mio nome buffo sopra. Quel nome che faceva ridere tutti: avrei scoperto anni dopo che il mitico Gianni Rodari, nella Freccia azzurra, aveva chiamato così – Paolo di Paolo – un suo personaggio. Appassionato come me di marionette.
E insomma una mattina ero corso a casa e mangiandomi le parole avevo raccontato a mia nonna di una mucca immobile con la pancia molto gonfia, arenata su un prato davanti alla scuola (era una scuola di campagna, sì). La mattina dopo, la mucca non c’era più. Bastava fare due più due, per capire che da qualche parte era volata. O forse l’avevano nascosta?
Il libro che avete fra le mani avrei dovuto scriverlo un po’ di anni fa. Ma come per la storia della Befana, così per quella della mucca, mi sono distratto. Ho smesso di disegnare, ho scritto altro, inseguendo un sogno di scrittore che come tutti i sogni è bello quando è ancora un sogno. Uno se lo immagina scintillante e pieno di allegria: stai lì per ore a battere i tasti di una macchina da scrivere (era quella sottratta a mio nonno) o di un computer, con la testa fra le nuvole, in un mondo tutto tuo. Poi ti accorgi che sì, per certi versi è anche così, ma che questa – come ogni cosa adulta – è anche un po’ meno magica rispetto alle nostre attese di bambini. Proprio mentre combattevo con questo pensiero, e con la delusione di essere diventato un adulto circondato da adulti – cosa da cui bisognerebbe ogni tanto disintossicarsi – ho deciso di rimettere a fuoco un posto lontano. Il prato davanti alla mia scuola. Così, dopo aver scritto articoli, saggi, racconti, romanzi, ho capito che avevo rinviato un appuntamento molto importante. Forse il più importante di tutti: quello con la mucca volante. Ovvero con il primo bagliore della mia stessa fantasia.
È stato come ricominciare da capo. E adesso che è scritto, adesso che è finito, sento che questo è il mio primo vero libro. Sta nel punto dove tutto è cominciato. A un certo punto mi è sembrato di veder passare la mucca sopra alla mia testa: avanzava lenta come un dirigibile. Le ho fatto ciao con la mano, e se non sbaglio lei mi ha sorriso. Forse voleva dirmi che tutto può tornare, finché restiamo con le orecchie e gli occhi aperti, finché restiamo pazienti e vigili, capaci di aspettare, tutto può tornare, finché restiamo.

 

Postfazione a La mucca volante, Paolo Di Paolo, Bompiani, 2014.

 

 

10 agosto 2015

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