Raccontare Dante ai bambini

Raccontare Dante ai bambini

Il libro che state per leggere racconta una storia di molti secoli fa. Una storia straordinaria, diventata famosa al punto da fare il giro del mondo. Quasi in ogni luogo del nostro pianeta, c’è qualcuno che ne ha sentito parlare. Provate a fermare qualcuno per strada, domandategli se conosce Dante e la Divina Commedia. Vi risponderà sicuramente di sì, vi dirà non solo che ne ha sentito parlare, ma anche che l’ha studiata a scuola. Perché questa è una storia che fanno studiare a scuola: il protagonista è un poeta vissuto nel Medioevo, Dante Alighieri. Dopo aver scritto molte poesie e diversi libri, decide di fare qualcosa che nessuno ha mai fatto prima.
Raccontare un viaggio incredibile, in versi, per dedicarlo alla donna che ama, morta troppo presto, a venticinque anni: Beatrice.
È come una lunghissima dichiarazione d’amore.
Il poeta ha trentacinque anni, la sua vita è in un momento di difficoltà, lui un giorno si perde, non trova più la sua strada e si ritrova in un bosco buio. Il cammino sarà pieno di pericoli, di incontri spaventosi, perché il luogo in cui si ritrova è un luogo infernale. Anzi, è proprio l’Inferno. Ne avete mai sentito parlare? Si dice che chi si comporta male in vita, finisca lì dopo la morte. E che sia condannato a scontare una punizione che non ha fine. Fuoco, fiamme, vapore nero, mostri feroci. L’Inferno che Dante attraversa e racconta è un posto terribile. Gli capita di incontrare gente famosa del suo tempo, morta da pochi anni. Possibile che siano finiti lì? Allora si avvicina, interroga questi personaggi come se fosse un inviato speciale nel peggiore dei luoghi possibili. Ogni tanto Dante si scoraggia. La paura è tanta, tanti i momenti in cui vorrebbe fuggire via, svegliarsi come ci si sveglia da un incubo. Ma è davvero un incubo? Noi seguiamo il viaggio del poeta e non sappiamo più se tutto ciò che racconta l’ha vissuto davvero, lo ha immaginato, sognato o è solo una grande è stupefacente fantasia. Anzi, potremmo dire che questo racconto somiglia a quelli che oggi chiamiamo fantasy. Quando supera il regno infernale, Dante deve scalare un monte: l’ascesa è faticosissima, e il rischio di cadere nel vuoto è alto. Talvolta deve procedere quasi carponi, tenendosi come può alle pareti di roccia. È la montagna del Purgatorio, il luogo in cui le anime dei peccatori attendono di poter salire in cielo. Devono purificarsi, e spesso – nella lunga attesa – ricordano con rimpianto i loro errori, e con un po’ nostalgia la loro vita terrena.

Se il colore dell’Inferno è rosso fiamma, il colore del Purgatorio è più tenue: è il grigio e il verde di certi paesaggi italiani. Splende invece di luce, luce bianca e dorata, il Paradiso, l’ultima meta: composto di cieli diversi, offre a Dante visioni così abbaglianti da dover stringere gli occhi per non restare accecati. La gioia, lassù, è pura e incondizionata; è il luogo della beatitudine eterna, nel quale Dio premia chi nella vita ha fatto il bene. L’evento più straordinario che il poeta vive, arrivato alla fine del suo viaggio, è la visione stessa di Dio. Il creatore dell’universo non gli appare però come un vecchio dalla barba bianca, ma come un punto piccolo e luminoso, come una stella miracolosa in cui si riesce a vedere – se tieni fisso lo sguardo – tutto ciò che esiste. Non importa che ci crediate o meno, importa che un uomo di circa sette secoli fa sia riuscito a immaginare questo. Dante credeva in Dio, certo, nel Dio dei cristiani, ma il fatto nuovo e unico è che, da poeta, cerca le parole per descriverlo. Descrive l’indescrivibile, come nessuno aveva fatto prima. E non basta: costruisce un poema fatto di tre parti e migliaia di versi per raccontare un’impresa fuori dal comune. Un uomo vivo che attraversa il regno dei morti. Un uomo vivo che, prima di morire, sperimenta ciò che può accadere dopo la morte. Vi sarebbe mai venuta in mente un’idea simile? E voi, cosa immaginate che possa accadere, dopo? Ciascuno di voi potrebbe immaginare la propria “Divina Commedia”, volendo. Tu, Marco, non ti ci vedi ad attraversare il regno infernale? E tu, Giulia, sapresti scalare la montagna senza perdere la fiducia di arrivare in cima? Jacopo, tu come lo vedi il Paradiso? Te lo immagini diverso? Dici che proprio non esiste? Forse hai ragione, non lo so. Ma se ci fosse, come sarebbe? Un grande campo da calcio? Una spiaggia davanti a un mare bellissimo? Un parco divertimenti? Dante l’ha immaginato a suo modo, rielaborando con la sua fantasia molte convinzioni del suo tempo, costruendo una misteriosa geometria fatta di cieli, pianeti, cerchi di fuoco, musica celestiale, tanta luce. Un autentico fiume di luce d’oro.

Perché a scuola, da secoli, fanno studiare tutto questo? Sarebbe lungo da spiegare. Ci provo. Perché è una delle opere d’arte più impressionanti è più complesse uscite dalla mente di un essere umano. Tenetevi forte: oltre quattordicimila versi di undici sillabe ciascuno incatenati tre a tre, con rime alternate, per un totale di cento “capitoli”, detti “canti”. Non vi basta? Un altro perché? Perché la lingua italiana era una lingua neonata, tutti scrivevano in latino: Dante sceglie una lingua che ruba dalla bocca delle persone, la lingua che la gente parlava, diversa di regione in regione, e la fa esistere in una forma nuova e unica. E ancora: perché Dante spinge l’immaginazione nel punto più estremo, superando la fantasia di tutti, gareggiando con i sogni, con gli incubi, con le visioni. Perché tutta la cultura di un’epoca è condensata nel suo poema: la geografia, la filosofia, la teologia, le conoscenze umanistiche e scientifiche, le convinzioni esistenziali, dietro e dentro i versi c’è una enorme mole di sapere. Perché c’è la Storia: gli eventi dell’epoca di Dante, i grandi e i piccoli uomini del suo tempo, imperatori e artisti, politici e intellettuali. Perché ci sono tutti i sentimenti umani: la paura e il dolore, l’insoddisfazione e la rabbia, l’invidia, il desiderio, c’è l’amicizia e c’è l’amore, c’è la passione violenta, c’è la disperazione e c’è la gioia più assoluta. Servono altri “perché”? La Divina Commedia è un edificio maestoso come una cattedrale, solenne, solida, carica di dettagli. Grigio e ombra, luce che filtra dalle vetrate, altezza vertiginosa.

Quintali e quintali di libri sono stati scritti per analizzare il poema, per capire come è stato costruito, cosa significano ogni verso, ogni parola, ogni immagine. Migliaia di libri scritti intorno a un solo libro. Il problema è che si rischia di leggere tantissimo su Dante e di non leggere più Dante. Anche perché la Divina Commedia non è una lettura semplice, il tempo ci ha allontanato tanti riferimenti, che richiedono spiegazioni continue, e ci ha allontanato anche la lingua, ormai distante da quella che leggiamo e parliamo oggi. In questo libro abbiamo provato a fare della Commedia un racconto più semplice, scritto nell’italiano di oggi, ma non dovete pensare che queste pagine siano sostituibili all’originale. Questa è solo una porta d’ingresso, ma il viaggio vero e proprio va fatto attraverso i versi di Dante, la loro complessità, la loro musica, perché la grande poesia ha una musica speciale e misteriosa, un ritmo che non si può riprodurre. Sarebbe come dire che cantare una canzone e leggere il testo ad alta voce, senza accompagnamento, sia la stessa cosa. Vi auguro perciò, molto presto, di fare il vero viaggio, e di vivere lo stesso stupore che ho vissuto io. A volte, sì, anche io mi sono annoiato, qualche cosa non l’ho capita e ho fatto una gran fatica per capirla: è come accorciare in pochi minuti una distanza di secoli; altre volte mi sono sentito io stesso lontano dal racconto di Dante e dai suoi personaggi. Ma la sorpresa ha sempre avuto la meglio. Davanti a mostri crudeli, a creature alate, a uomini che si trasformano, a laghi di ghiaccio o di fuoco. Davanti a gente innamorata, davanti a gente che piange, ride, ricorda, sogna. Davanti a eroi del mito e della storia, davanti a uomini e donne straordinarie, davanti a persone come noi, piene di difetti, di imperfezioni, di paure. La sorpresa davanti al gioco di attraverso cui tutto ciò diventa poesia e lascia incise come nel marmo le vite, le facce, le parole, e perfino i sentimenti, che tutti conoscono ma nessuno può toccare. Qui sembra di poter sentire che forma ha l’amore più assoluto e l’odio più devastante, che colore ha la speranza e di quale buio è fatta la disperazione. Qui sembra di poter sapere tutto della vita umana – e questo dà una strana vertigine. Un poeta nato a Firenze settecentocinquanta anni fa ha stipato dentro quest’opera tutto ciò che si può sapere della nostra vita di esseri umani. E si è perfino affacciato oltre. Mi pare che non manchi niente. Proprio niente. La pioggia, il vento, la neve, il fuoco, i tuoni e i terremoti. Le comete e gli astri che brillano nel cielo di notte. Non mancano le città, le campane che suonano, la gente che si muove. Non manca il mare, e chi sfidando il pericolo e la sorte lo attraversa per capire com’è fatto il mondo. Non manca la bellezza di certi paesaggi che restano impressi fin dal primo sguardo. E non mancano le stagioni, il cielo che cambia di mese in mese, di giorno in giorno, di ora in ora. L’alba, il tramonto. Non mancano i bambini, i vecchi, i ragazzi che si baciano e tremano, gli uomini in armi, la guerra, e gli uomini che cercano la pace e la giustizia, l’allegria di chi sa ridere di sé, il tormento di chi cerca qualcosa, i ricordi che fanno piangere, i ricordi che fanno sorridere, la saggezza dei maestri, l’ingenuità e la freschezza di chi è ancora all’inizio. Non manca l’amore. Non manca niente. Anche se forse non ci credi, c’è anche qualcosa di te che stai leggendo questo libro.

 

Introduzione a La Divina Commedia, Paolo Di Paolo, illustrazioni di Matteo Berton, laNuovafrontiera Junior, 2015.

 

 

4 agosto 2015

Si trova in: Dante